Analisi del biglietto d'addio di Tenco da parte di MrVecchiofan

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    L'analisi ( a favore del suicidio di Tenco ) che segue è estrapolata dal forum Binario 21, spazio web frequentato da Tenchiani D.o.c. molto preparati e diligenti quando analizzano l'opera artistica di Luigi Tenco. Prego MrVecchiofan se sente di dover intervenire in merito alla mia contro-analisi ( che riporterò subito dopo la sua ) di farlo senza problemi. Qui è il benvenuto.

    *************************************************************************************************+

    ANALISI DEL BIGLIETTO DI TENCO.

    «Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita…» Già una lettura più attenta di questa frase avrebbe evitato il luogo comune della “futilità dei motivi”: per anni infatti, una caterva di commentatori giornalistici e televisivi ha rifilato al pubblico la storiella del “ragazzo fragile di nervi, che si è ucciso per una bocciatura al Festival di San Remo”. Sarà stupida o convenzionale una tale interpretazione del biglietto, ma non certo ciò che dice Tenco testualmente. Luigi infatti non sta parlando affatto di una “semplice” bocciatura a San Remo, ma di un intero percorso artistico, cominciato appunto nel 1961-62: da quando cioè aveva deciso di dedicarsi a tempo pieno a tale attività, abbandonando definitivamente gli studi, ma deludendo così le aspettative della madre e del fratello maggiore, con senso di colpa da parte sua e, suppongo anche, frequenti rimproveri o risentimenti da parte di Valentino. Certo, tale percorso artistico era culminato, appunto, col Festival (che, per lui, doveva rappresentare semmai un punto di non-ritorno: o la consacrazione ufficiale o la scomparsa dalle scene). È quest’intero percorso che viene messo in discussione e “rinfacciato” al pubblico, in quanto costellato da censure, ostracismi, bocciature o mancati riconoscimenti, che lo avevano amareggiato e umiliato, riportandolo continuamente a uno dei suoi conflitti (o meglio, ambivalenze) fondamentali: lui era uno che “aveva per la testa grandi idee” e/o uno che “non concludeva niente”?
    Con l’affermazione di “aver voluto bene al pubblico italiano” inoltre, Luigi ci sta parlando di un amore non corrisposto per cinque anni: beh, talvolta questo può essere un motivo più che sufficiente per suicidarsi, tanto più se il Pubblico viene identificato come un’Entità paterna, da cui si aspetterebbe benevolenza e riconoscimento sociale (cosa peraltro possibile nel caso di Luigi, ma su cui non è il caso di soffermarsi, sembrando già questa una forzatura psicoanalitica rispetto alle cose effettivamente dette). Quell’“inutilmente”, d’altra parte, fa il paio esatto con “Una vita inutile”, brano risalente appunto al 1961, in cui Luigi aveva chiaramente prospettato a sé stesso l’eventualità di un “fallimento esistenziale”, nel caso in cui non fosse diventato “qualcuno” oppure “un poeta” oppure ancora, semplicemente, “se non farai di te / quel che vuoi”.
    Pur potendo ricorrere a tutte queste motivazioni psicologiche, tuttavia, non ci siamo ancora perché, con la frase successiva, Tenco esclude anche queste possibilità. Infatti:
    «Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro)…» Anche questa frase è chiarissima e dovrebbe tagliare corto su due dubbi:
    1) “questo” non può essere altro che il suicidio. Ipotesi alternative (l’abbandono delle scene, il ritiro a vita privata, possibili viaggi esotici per evadere e ricostruirsi, ecc.) non reggono di fronte all’evidenza di ciò che viene detto subito dopo: che cosa si fa infatti quando si è “stanchi della vita”? Ci si toglie la vita, evidentemente, mica ci si ritira dalle scene: altrimenti Luigi avrebbe detto “Faccio questo (nell’ipotesi “abbandono la scena”) non perché sono stanco del mondo dello spettacolo”, no?
    2) Nonostante l’amore non corrisposto da parte del pubblico e la sensazione di inutilità del suo lavoro artistico, in ogni caso, Luigi afferma che non è affatto “stanco della vita” e che, quindi, continuerebbe a vivere volentieri. Non c’è bisogno di sforzarsi di dimostrare che Tenco “scelse la vita” o comunque avrebbe scelto la vita: è lui stesso a dircelo.
    3) Questa considerazione, d’altra parte, esclude che Luigi fosse autenticamente depresso (come pure altre scuole di pensiero si sforzano di dimostrare): era certamente “stressato” dalle vicissitudini legate al Festival ed, evidentemente, anche da vicissitudini sentimentali, ma non depresso in senso vero e proprio, proprio perché nella depressione vera il disgusto di vivere (la “stanchezza di vivere”, appunto!) e l’attrazione per il “riposo” mortuario sono dei vissuti costanti.
    Questa frase, in definitiva, conferma l’intenzionalità suicidiaria di Tenco, ma esclude sia la delusione per l’amore non corrisposto dal Pubblico che una sua presunta depressione (in senso tecnico, almeno): in una parola, lo sta facendo suo malgrado. Perché dunque decide di farlo?
    «… ma come atto di protesta…» Eccoci dunque al punto: il suicidio come atto di protesta. Forse è questo il punto che ha sempre suscitato stupore e scalpore nei commentatori ed ascoltatori “benpensanti”. Eppure, per Tenco quest’idea non era certo una novità: lo abbiamo già visto a proposito de “La cuccagna”, nella scena in cui Giuliano e Rossella decidono di “morire insieme per protesta” contro la società e contro la guerra, pur restando dubbio se un’idea del genere sia stata inserita nella sceneggiatura su indicazione del nostro o degli autori del film.
    D’altra parte, non è neppure una novità che l’atto dimostrativo autodistruttivo, in determinate condizioni storico-culturali e probabilmente in tutte le epoche, sia stato utilizzato come strumento di lotta: dal più generico sciopero della fame alle “torce umane”, dal fenomeno dei kamikaze a quello del harakiri (vedi caso Mishima). Per di più, dovremmo sforzarci di ricostruire un certo clima psico-sociale di autodistruttività giovanile pre-68 (con significato non di resa, ma di lotta), presente in quegli anni ’60. E non soltanto nei paesi occidentali: vengono in mente, per esempio, diversi casi di autocombustione di alcuni ragazzi praghesi all’indomani dell’invasione sovietica, sia per la delusione storica conseguente alla fine della “Primavera di Praga” che come pubblico atto di protesta, appunto!
    «… contro un pubblico che manda Io, tu e le rose in finale e ad una commissione che seleziona La rivoluzioneAnche questo passaggio, così frainteso, non dovrebbe prestarsi ad equivoci: Tenco infatti non fa alcun riferimento né a Orietta Berti né a Gianni Pettenati (e meno che mai ai rispettivi cantanti-partners a Sanremo, che nessuno cita e di cui forse nessuno più si ricorda). Luigi non ha nessun motivo di far sentire in colpa loro, in quanto colleghi o concorrenti (che quindi, a loro volta, non avrebbero nessun motivo di essere risentiti o turbati dal biglietto). Egli cita invece i titoli dei brani, che essi erano stati indotti a presentare: brani altamente indicativi dei tipi di canzone che Luigi detestava profondamente, in quanto agli antipodi del suo credo artistico. Anche qui nessuna novità, visto che lui si era già espresso pubblicamente in merito:
    1) in campo amoroso infatti, Tenco puntava su canzoni “giuste, vere, moderne” (di cui aveva dato un saggio in “Se sapessi come fai”): canzoni che parlavano di rapporti di coppia, reali e drammatici, fatti di conflitti e separazioni, di passione, di tormento e anche di carnalità, nella loro verità vera, senza infingimenti. “Io, tu e le rose” (cioè, come si dice, l’amore tutto rose e fiori, oleografico, convenzionale) rappresentava l’opposto di tutto questo, ma, nonostante la sua evidente falsità, continuava a incontrare i gusti del pubblico;
    2) in campo sociale, d’altra parte, Tenco anticipava la contestazione e sapeva bene che i cambiamenti socio-culturali non avvengono mai in maniera indolore, ma come scontro tra parti e controparti definite e quindi, anche in tal caso, con lotte dure e drammatiche, con “lacrime e sangue”. “La rivoluzione” e tutte le rivoluzioni accomodanti della “linea verde” mogoliana, per contro, erano false e qualunquiste: non più che dei sussulti di entusiasmo giovanile, alla fine dei quali tutto finiva a tarallucci e vino. “Chi ha vinto e chi ha perduto, / vedrai, si abbraccerà”: praticamente, delle partitelle di calcio più che delle vere rivoluzioni.
    Come sappiamo, insomma, da uomo prima ancora che da artista, Tenco aveva una vera idiosincrasia per questa falsità e convenzionalità, che non mettevano in discussione un bel nulla e che, soprattutto, non costavano alcuna fatica creativa, alcun dramma, alcun conflitto, a fronte di quelli che viveva lui in prima persona. Eppure, quest’arte furbesca e ipocrita aveva i riconoscimenti del pubblico, mentre la sua arte vera continuava ad essere umiliata. È contro questa falsa ma collaudata arte canora dunque che Luigi eleva il suo grido e il suo atto di protesta ed è costretto a fare il guastafeste.
    «Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno.» È proprio vero, evidentemente, che “la speranza è l’ultima a morire”. In tal senso:
    1) innanzitutto, questa frase ci conferma che Tenco non era affatto depresso. Chi abbia un minimo di esperienza della depressione vera, infatti, sa bene che in quel caso “la speranza è già morta” o, quanto meno, “è un’abitudine” (come si dice appunto in “Un giorno dopo l’altro” che dovette coincidere, quella sì, con una vera fase depressiva). È risaputo (e perfino riportato nei manuali) che, nella depressione, la speranza, intesa come positivo slancio esistenziale verso il futuro, si annulla: il tempo sembra diventare statico e senza prospettive (sempre come in “Un giorno dopo l’altro”: “domani sarà un giorno / uguale a ieri”!) e il futuro non viene più neppure intravisto (cosiddetta “incapacità di infuturarsi”). Con questa sua frase invece, Luigi a suo modo si sta “infuturando”, nel senso che spera in un evento futuro, cioè il “chiarimento delle idee di qualcuno”. Come sappiamo, anche questo aspetto della sua personalità (che potremmo definire di “rivalsa postuma”) non era affatto una novità: “Ti ricorderai di me / quando mi avrai perduto…”;
    2) lasciandoci questo messaggio di speranza, per contro, Tenco ci sta dicendo esattamente che vuole compiere un atto clamoroso per scuotere il pubblico, scaraventando simbolicamente il suo cadavere sul palco di San Remo per scardinare le leggi dello show-business dall’interno del suo stesso tempio, cioè (come disse Quasimodo) per “colpire a sangue il sonno mentale dell’italiano medio”. Non solo, ma sembra proprio che i fatti successi in sèguito gli abbiano dato ragione: in quel modo, lui è riuscito a farsi ascoltare e la condizione stessa dei cantautori, da quel momento in poi, è cambiata (anche per l’avvento di nuove condizioni socio-culturali che ne hanno consentito una larga fruizione da parte del nuovo pubblico giovanile). Di fatto dunque, tutti i suoi colleghi, lungi dal pronunciarsi a sproposito, dovrebbero ammettere che gli devono qualcosa, non solo sul piano artistico (visto che Tenco è stato un “apripiste” a 360 gradi), ma anche su quello dell’affermazione e del riconoscimento pubblici.
    Si può ancora discutere a lungo se, nella sostanza, quello di Tenco sia stato un atto di rivolta (“di protesta”, appunto!) oppure un atto di resa. In considerazione dell’ambivalenza dei sentimenti umani, si potrebbe anche rispondere “entrambi”, senza comunque sbagliarsi. Come si è accennato in precedenza infatti, Luigi ha manifestato in più occasioni (canzoni o testimonianze) un’autostima ambivalente: sentirsi un genio o una “nullità”, uno che “aveva per la testa grandi idee” oppure uno che “non concludeva niente”. Certamente, ciò condizionava anche i suoi sbalzi d’umore, i suoi “alti e bassi”. Anche in “Vedrai, vedrai”, se a un certo punto lui stesso dice “non son finito, sai”, è perché lo pensa: lui stesso cioè aveva il dubbio che tutta la sua attività artistica si risolvesse in un fallimento. Ma, a questo dubbio tormentoso, reagiva orgogliosamente con la rabbia e con la speranza.
    Anche per il suo biglietto è così. Se dobbiamo dar credito all’ultima frase, infatti, Tenco non sembra avere dubbi: scrivendo “spero che serva a chiarire le idee a qualcuno”, Luigi ci sta dicendo, come in “Vedrai, vedrai”, “no, non son finito sai”. Quindi, per lui, si trattava più di un atto di rivolta che di resa: almeno a livello cosciente (per come risulta, appunto, dal suo biglietto), Luigi non si è mai arreso, ma ha creduto fino in fondo alla sua arte, a tal punto da accettare di morire lui per far vivere lei.
    Per tutti questi motivi, penso che il suo biglietto sia del tutto assimilabile non tanto alla rassegnata “Un giorno dopo l’altro”, quanto appunto a “Vedrai, vedrai”, di cui anzi è una sorta di parafrasi e che, a sua volta, resta il brano che lo rappresenta meglio.
    Altro che “puerilità”!

    Edited by LaVerdeIsola - 31/1/2011, 14:31
     
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    ANALISI DEL BIGLIETTO DI TENCO ( IN CHIAVE OMICIDIO ).

    «Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita…»

    Questa parte del biglietto appartiene a Tenco, è sua la scrittura, è suo il pensiero. Ma ce lo siamo mai chiesti? Quante lettere ha scritto Tenco quella sera attenendoci scrupolosamente ai dati in nostro possesso, prima di togliersi la vita? Ne scrisse 3.

    1 - Aveva indetto una conferenza stampa per l'indomani al fine di denunciare lo sporco gioco delle combines legate alle canzonette ed è dunque lecito pensare che si sia preparato un "inciso" da leggere: non esiste personaggio che indice una conferenza stampa e si presenta all'appuntamento senza un foglio davanti. E Tenco non è esente dal rispettare tali logicità.

    2 - Ha poi scritto un promemoria per Valeria con gli stessi nomi e cognomi, quindi chi può smentirmi se dico che PROMEMORIA E "BOZZA" della conferenza stampa sono lo stesso medesimo "documento" ( inviato anche a Valeria come promemoria ) ???. In fondo renderei MENO SOFFERENTE IL COMPITO DELLO SCRITTORE TENCO.

    3 - Ha poi scritto un "biglietto d'addio".

    Dovessimo attenerci scrupolosamente a quel che dice la verità ufficiale, LUIGI TENCO prima di suicidarsi....ha scritto 3 documenti:

    La mia opinione? Luigi non scrisse 3 documenti ma 1 soltanto: la bozza per la conferenza stampa ( altro non è che il promemoria che avrebbe dovuto inviare a Valeria, non a caso dice a lei "arriverò prima io che quella lettera" quindi al momento della sua morte, è in mano a lui ), è la "famosa" lettera di cui noi conosciamo solo l'ultima pagina ( la lettera d'addio ). D'altronde di quel che si apprestava a fare Luigi era a conoscenza anche Piero Vivarelli, il quale poco prima di uscire dal casinò a mezzanotte circa disse a Luigi: "Con la cosa eclatante che ti appresti a fare domani, farai saltare molte poltrone" ( frase intercettata da una giornalista che si trovava "involontariamente" di fronte a Tenco e Vivarelli ). E non credo che Vivarelli si riferisse al suicidio di Tenco.

    A conferma della tesi portata avanti dalla verde isola arriva una PERIZIA GRAFICA dell'esperto Dott.Delfino:

    tratto dalla sua perizia:

    ...il confronto grafico e' stato fatto tra il foglio trovato nella stanza dell' albergo, la notte del suicidio, e altre due lettere del cantautore, una del 18 novembre del 1966 e un'altra del 16 gennaio del 1967.

    Dalla perizia la lettera appare pero' incompleta, come se gli mancassero dei fogli precedenti. Inoltre la grafia di Tenco presenta dei tratti ascendenti che non rispondono, secondo il perito, a stati depressivi, tipici di chi ha deciso di suicidarsi, ma sono segnali di una forte carica aggressiva.


    *****************************
    Potrai obiettare e dire che Valeria non esiste ma queste sono congetture, che non esiste BISOGNA DIMOSTRARLO e non soltanto pensarlo.
    Ma quel che è interessante, è perchè mai, stando ai dati in nostro possesso, Luigi si uccise 20 minuti dopo aver confidato a Piero Vivarelli e Valeria di aver indetto una conferenza stampa per l'indomani???

    DOVEVA IN**LARE QUALCUNO L'INDOMANI, SI E' IN**LATO DA SOLO IL GIORNO PRIMA.

    Non è molto coerente.

    «Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro)…»

    Tu reciti testualmente:

    "Anche questa frase è chiarissima e dovrebbe tagliare corto su due dubbi:
    1) “questo” non può essere altro che il suicidio. Ipotesi alternative (l’abbandono delle scene, il ritiro a vita privata, possibili viaggi esotici per evadere e ricostruirsi, ecc.) non reggono di fronte all’evidenza di ciò che viene detto subito dopo: che cosa si fa infatti quando si è “stanchi della vita”? Ci si toglie la vita, evidentemente, mica ci si ritira dalle scene: altrimenti Luigi avrebbe detto “Faccio questo (nell’ipotesi “abbandono la scena”) non perché sono stanco del mondo dello spettacolo”, no?"


    Caro MrVecchiofan, ti stimo come studioso di Tenco e le tue analisi lasciate qui sono molto profonde e si vede che sei preparato sull'argomento però LUIGI NON HA MAI DETTO DI ESSER STANCO DELLA VITA. Se ho letto bene e non ho capito male, tu dici che Luigi con "FACCIO QUESTO NON PERCHE' SONO STANCO DELLA VITA ( TUTT'ALTRO )...intendeva dire che ERA STANCO DELLA VITA.....ma devo deluderti, perchè dice tutto il contrario, LUI DICE "FACCIO QUESTO NON PERCHE' SONO STANCO DELLA VITA ( TUTT'ALTRO ) C'è la negazione e fa la differenza. Invertendo la frase diventa: Io non sono stanco della vita ( tutt'altro ) ma faccio questo perchè....
    La sfumatura ( NON ) è importante perchè se uno non è stanco della vita NON SI TOGLIE LA VITA. Purtroppo è "un elemento" indispensabile ed univoco: Per toglierti la vita, devi necessariamente essere stanco di vivere. Vedere Tenco come un suicida significa forzare le "leggi mentali" di chi decide di compiere un tale gesto.
    Se Tenco si sentiva un fallito, allora doveva essere stanco della vita ed in quanto tale togliersi la vita.
    Ma Tenco stando alla versione ufficiale del suicidio e soprattutto attenendoci al biglietto, si sentiva un fallito MA NON ERA STANCO DELLA VITA.
    C'è qualcosa che non quadra.


    Nel punto successivo però ti contraddici:

    MrVecchiofan: 2) Nonostante l’amore non corrisposto da parte del pubblico e la sensazione di inutilità del suo lavoro artistico, in ogni caso, Luigi afferma che non è affatto “stanco della vita” e che, quindi, continuerebbe a vivere volentieri. Non c’è bisogno di sforzarsi di dimostrare che Tenco “scelse la vita” o comunque avrebbe scelto la vita: è lui stesso a dircelo.

    Avevi appena finito di dire che Luigi Tenco era stanco della vita e quindi IL RITIRO DALLE SCENE MUSICALI non regge, subito dopo affermi l'esatto contrario, ovvero che Tenco non era affatto stanco della vita. Bene, se Luigi non era stanco della vita, perchè non regge "una volontà" ( quella dell'abbandono delle scene musicali ) confidata a ben 4 persone ( Solinas, Coppola,Valentino Tenco e Mike Bongiorno ) mentre regge IL SUICIDIO non confidato a nessuno?

    La p2 ha fatto un ottimo lavoro e non a caso Tenco è un mito. E' un mito e ancora oggi, chi come te ( rispetto la tua opinione ma non la condivido affatto ), cerca di giustificare quel gesto, tende a "miticizzare" il gesto e non a prenderlo per quello che è: per il suicidio di uno CHE NON E' STANCO DELLA VITA.
    Giustamente tu potrai dirmi che infatti lui si è ucciso per chiarire le idee a qualcuno: ma tu ce lo vedi Tenco immolarsi a salvatore della patria? A regalare la propria vita che ama ( "non sono stanco della vita, tutt'altro" ) per denunciare il sistema? E a che pro farlo se è lecito chiedere?
    Deve aver fatto molta violenza a se stesso se in 20 minuti è passato dal voler IN..LARE QUALCUNO IL GIORNO DOPO ( con la conferenza stampa indetta per l'indomani, della quale Vivarelli e Valeria sapevano ) ad IN..LARSI da solo il giorno prima.
    Tutto in 20 minuti. Dietro front!
    Caro MrVecchiofan....quel "faccio questo" del biglietto, è tutto da dimostrare che si riferisce a quel corpo a terra.
    Se i nostri 5 elementi comprovanti l'omicidio sono validi o non dimostrano niente, è la MAGISTRATURA CHE LO DEVE DIRE...ma che ci siano elementi comprovanti il suicidio è pur vero che non ce ne sono.

    «… ma come atto di protesta…»
    :

    - Luigi Tenco a Marisa Solinas nell'Agosto del 1966: ho deciso di ritirarmi dalle scene musicali e di continuare come autore;
    - Luigi Tenco a Ruggero Coppola il 25 dicembre del 1966 ad un mese dalla tragedia: Mina mi ha chiesto di diventare l'autore delle sue canzoni. Il ricordo di Coppola è nitido: "Luigi decise di accettare la proposta di Mina e non avrebbe piu' fatto il pagliaccio da palcoscenico;
    - Luigi Tenco a Valentino Tenco poco prima di partire per Sanremo: "Questa è l'ultima, dopo le mie canzoni le canteranno altri"
    - Luigi Tenco a Mike Bongiorno prima di salire sul palco ( 26 Gennaio 67 ): "Vado fuori ,canto e poi ho chiuso con LA MUSICA LEGGERA!

    Ora, se Luigi in piu' occasioni, negli ultimi 6 mesi ha fatto ben intendere quali fossero le sue volontà, perchè nella frase rivolta a Mike Bongiorno bisogna trasformare "MUSICA LEGGERA" IN "FARSI SALTARE IN ARIA" ??

    Converrai che Luigi era una persona estremamente coerente, quindi se a Marisa Solinas,Ruggero Coppola, Valentino Tenco lui ha espresso una sua "volontà"....non vedo perchè a MIKE BONGIORNO....una stessa "volontà"...debba APPARIRE COME QUALCOS'ALTRO,riadattata ad uso e consumo di chi lo vuole suicida a prescindere. Lui ha parlato con MIKE di "MUSICA LEGGERA" ed io desidero attenermi al SENSO COMPIUTO DELLA PAROLA, che non lascia scampo ad altre interpretazioni. Anzi quel "MUSICA LEGGERA" all'interno della frase rivolta a MIKE, ben LEGA con le confidenze fatte a Marisa, Ruggero e Valentino, perchè in tutte e 4 le occasioni lui parla di ABBANDONO DELLE SCENE MUSICALI.

    Luigi dice che ABBANDONA LE SCENE MUSICALI ( questo pensiero è mancante perchè si trova in una pagina precedente della lettera..CHE NON RISULTA AGLI ATTI ) non perchè stanco della vita ( lo vedi che non è stanco? ) ma come atto di protesta.
    Quello dell'abbandono delle scene musicali in segno di protesta mi sembra un pensiero COERENTE E ALTAMENTE TENCHIANO, perchè lui era un artista poliedrico e sapeva di poter fare a meno di calcare i palcoscenici perchè era capace di fare 10.000 altre cose. E chi sa fare 10.000 altre cose NON SI ABBATTE perchè UNA va male.
    SI INCAZZA ( cosi fù ) ma non si abbatte.
    Ed abbandonare le scene musicali in segno di protesta voleva essere un "SEGNALE" FORTE, avrebbe "scosso" il sistema, cosi come lo stesso PIERO VIVARELLI....DISSE A LUIGI TENCO, PRIMA DI USCIRE DAL CASINO' QUELLA SERA, riferendosi a quel gesto "eclatante" dell'indomani ( SARO' NAUSEANTE MA LO RIBADISCO: DUBITO CHE PIERO VIVARELLI RIFERENDOSI AL GESTO ECLATANTE DELL'INDOMANI si riferisse al suicidio di Tenco...altrimenti lo avrebbe fermato ).


    «… contro un pubblico che manda Io, tu e le rose in finale e ad una commissione che selleziona La rivoluzione.»

    Qui comincia la parte "non scritta" da Tenco ed è qui che cominciano le anomalie:
    innanzitutto, inizio col dire una cosa che non comprenderete ma io la dico lo stesso: tutti i "suicidi" di stampo massonico ( la p2 era una loggia massonica ) vengono "firmati" in maniera tale che CHI INDAGA sappia che è meglio lasciar perdere. La firma "massonica" nel biglietto è "IO TU E LE ROSE". La rosa è il simbolo massonico per eccellenza ed il fatto che LE FIRME VENGANO APPOSTE SEMPRE per "timbrare" un suicidio ed indicarne la provenienza, mi induce a pensare che quel "IO TU E LE ROSE" non fù messo a caso da quell'ignorante che ha "completato" il biglietto. Effettivamente, chi studia quel biglietto, dice sempre che perfino la firma è quella di TENCO. NON E' UN CASO e CHI VUOL CAPIRE CAPISCA.

    L'ignorante che ha completato il biglietto ( dopo "protesta", la calligrafia si fa schiacciata quasi fosse una ricetta medica, tecnica molto utilizzata per simulare alla meno peggio una qualsiasi scrittura ) ha commesso un errore di forma grossolana con "E AD UNA" ( forma corretta: "contro un pubblico che....ED una commissione che ), un errore ortografico MOLTO GRAVE ( SELLEZIONAcon DUE L ), segno che a commettere tale errore è stato un ignorante o uno straniero e non Luigi Tenco che aveva piena padronanza della lingua italiana.

    Qui vorrei fare una puntualizzazione d'obbligo: perchè dire che Tenco era in preda all'alcool mentre scriveva ( giustificando cosi errori ortografici e quant'altro ), mentre quando si "analizza" l'esibizione di Tenco sul palco, si dice che NON AVEVA LA BOCCA IMPASTATA PERCHE' L'EFFETTO DELL'ALCOOL ERA ORMAI SVANITO ??

    Bene, se l'effetto dell'alcool è svanito già CON L'ESIBIZIONE, perchè FARLO RITORNARE UBRIACO ( PER COMODITA' )al momento di scrivere la lettera? Se era sobrio durante l'esibizione, era sobrio anche mentre scriveva la lettera.

    La giustificazione "del Tenco ubriaco" mentre scrive la lettera...fa acqua da tutte le parti anche per un altro elemento importante: l'autore della seconda parte del biglietto stacca la penna dopo "SEL"...ci pensa....RIATTACCA la penna sul foglio e propende per le DUE L.

    image

    Ordunque......l'autore era molto LUCIDO....solo MOLTO IGNORANTE!

    Io credo caro MrVecchiofan che non bisogna "forzare" il logico incastro dei pezzi....con L'EFFERATO BISOGNO di DIFENDERE IL MITO. Se Luigi Tenco ha scritto SELLEZIONA....con DUE L....il mito è CADUTO COMUNQUE...perchè ha dimostrato di essere un BESTIONE!

    Pensi valga la pena tenersi un MITO BESTIONE???

    «Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno.»

    Questo messaggio "apparentemente tenchiano" è legato alla firma "Io, tu e le rose". Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno è un monito per chi si troverà ad indagare ed anche per CHI SI TROVERA' A COMMETTERE GLI STESSI SBAGLI DI TENCO. Un modo come un altro per far capire CHE SE SI SBAGLIERA' COME TENCO, si farà la stessa fine.
    Ora chi non fa parte del sistema deviato, come me, come te, sta leggendo e storce il naso perchè non comprende...ma stai sicuro che TUTTI QUELLI COME TENCO......hanno saputo "ben decodificare" quella parte di testo che è un invito a comportarsi bene. Un monito per chi "non" deve indagare....un monito per chi deve rigare dritto.

    "Ciao....Luigi"

    Un PROMEMORIA non si firma, cosi come non si firma UNA BOZZA del discorso da fare durante una conferenza stampa. E infatti, non solo Luigi scrisse fino a poco prima di "IO TU E LE ROSE" ( è proprio in questo punto che la scrittura subisce una variazione e diventa schiacciata ), ma non è neanche sua la firma apposta:

    image

    Massimo Ciaponi, che conoscerai perchè fa parte del forum Binario 21 ( spazio web composto da persone davvero preparate su Tenco e lo dico con un pizzico d'invidia ), sostiene che Luigi amava firmare in maniera sfarzosa...ma oltre a non esserci una sola firma orientata in tal senso DA POTER MOSTRARE....e quindi è solo un'opinione la sua, l'unica "chiave" applicabile in questi casi è quella della LOGICA BANCARIA.

    Ipotizziamo che Luigi sia vivo, ed andiamo a depositare un assegno di 500 eur che riporta la firma di Luigi che troviamo nel biglietto. La banca ha depositata la "FIRMA ABITUALE" di Luigi e come minimo CI BLOCCA L'ASSEGNO.

    Secondo te perchè lo blocca?? Lo blocca perchè non avendo MITI DA DIFENDERE, si basa sugli unici dati certi, ovvero che non esiste in giro una firma abituale di LUIGI uguale a quella del biglietto. La firma è QUINDI PER LA BANCA UNA FIRMA CONTRAFFATTA, OVVERO FALSA.

    Se è falsa per la BANCA.....perchè DOVREBBE MAGICAMENTE DIVENTARE UNA FIRMA VERA per noi?
    Una lettera è come l'assegno. Sono entrambi documenti la cui originalità viene certificata dalla firma.
    Se viene PROTESTATO un assegno di Luigi riportante la firma del biglietto, ALLORA ANCHE LA LETTERA DOVREBBE ESSERE "PROTESTATA"....MA NON AVVIENE perchè "io tu e le rose"........non permette agli addetti ai lavori di "PROTESTARE" LA LETTERA, il monito parla chiaro: "SPERO SERVA A CHIARIRE LE IDEE A QUALCUNO".

    ***********************************************************************
    Io non credo di avere la verità in tasca, ma piuttosto analizzo infischiandomene del mito e cercando di essere obiettivo nei confronti della morte che ha colpito una persona che amo tanto.
    E questa obiettività, oltre al "sermone" che ti sei dovuto subire fin qui....è condita da questi altri elementi:


    1 - Il commissario Molinari mentre legge il biglietto d'addio ai giornalisti, tiene in mano due fogli. Il foglio che si trova saldamente sotto ( ma di cui si intravede "la punta" ), è di un formato "INEQUIVOCABILE": quello del biglietto d'addio.

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    2 - E' inequivocabile la presenza di due calchi di parola sul foglio: le parole sono "gioco" e "già" e soprattutto la prima ( gioco ) è compatibile con la volontà di denunciare il "gioco" delle scommesse clandestine e questo di fatto rende il biglietto conosciuto come ULTIMA PAGINA DI QUALCOS'ALTRO.

    3 - Il biglietto d'addio che noi conosciamo ha "validità giuridica" nulla e ti spiego subito perchè, NON DA STUDIOSO DI TENCO ma da persona CHE HA CHIESTO CONSULENZA AD UN AVVOCATO PENALISTA: quel biglietto non è arrivato nelle mani della polizia perchè loro stessi lo hanno rinvenuto nella stanza ( TANT'E' CHE SUL REFERTO NON C'E' TRACCIA DEL BIGLIETTO, FATECI CASO )...ma è stato consegnato ad Arrigo Molinari ( il commissario ) da Piero Vivarelli...che l'ha preso dalle mani di Sergio Modugno, il quale se l'è fatto consegnare da Dalida, che mostrò il biglietto a Modugno QUAND'ERA NELLA 104 ( la sua camera ) quindi significa che Dalida l'ha "forse" prelevato dalla stanza di Tenco alle 2.10 e se l'è portato nella sua per una bella mezz'oretta. Ora, consultati con AVVOCATO se ne hai la possibilità e chiedigli se UN BIGLIETTO NON PROVENIENTE, DIRETTAMENTE DALLA SCENA DEL CRIMINE......ha validità oppure no!
    Io l'Avvocato l'ho consultato e mi ha fatto notare che quel biglietto, non appartenendo "direttamente" alla scena del crimine, non può essere giudicato in nessun modo autentico al di là di ogni ragionevole dubbio perchè il suo contenuto può essere stato alterato, modificato ed adeguato ad uso e consumo di chi ha commesso UN EVENTUALE CRIMINE. Nella fattispecie, NESSUNO HA VISTO USCIRE DALIDA CON UN FOGLIO DALLA STANZA 219 ma IN COMPENSO il biglietto SI E' MATERIALIZZATO nelle mani di Dalida nella camera 104 dell'Hotel Savoy. Chi lo dice che quel FOGLIO proviene dalla camera 219??? Le prime notizie CERTE DEL RITROVAMENTO DELLA LETTERA....SI HANNO NELLA CAMERA 104, una camera diversa da quella dove è stato trovato un cadavere.
    Ma facciamo finta che nella 219 davvero c'era una lettera e che Dalida se la sia portata nella sua stanza. BENE, UN BIGLIETTO CHE DALLA SCENA DEL CRIMINE...STA RINCHIUSO MEZZ'ORA IN BEN ALTRA STANZA non è giuridicamente attendibile se non attraverso un attenta perizia.
    MASSIMO CIAPONI dice che Tenco amava firmare in maniera sfarzosa pur NON PRESENTANDO ALCUNA PROVA DI QUESTO ma la Magistratura non disponendo di tali presunte preparazioni, per quale motivo ha giudicato VALIDO.....UN BIGLIETTO NON PROVENIENTE DALLA SCENA DEL CRIMINE CON FIRMA FALSA??
    Il resto della storia lo conosciamo: Sergio Modugno che si trova nella camera 104 di Dalida, prende il biglietto, lo da a Piero Vivarelli e quest'ultimo lo consegna al commissario Molinari.
    Cosi per come si sono svolte le cose, posso dirti che GIURIDICAMENTE PARLANDO, quel biglietto ha validità nulla perchè non proviene direttamente dalla scena del crimine e non è stato "rinvenuto" in primis dalla polizia...CHE AVREBBE A QUEL PUNTO POTUTO ATTESTARNE LA VALIDITA' E L'ORIGINALITA'.
    Da studiosi di Tenco....ci si può sbizzarrire riguardo il biglietto....ma LEGGI ALLA MANO, quel biglietto ha "validità" nulla. Per la provenienza ( LA CAMERA 104 ) e per la firma falsa.

    Cinque forti elementi collimano con la tesi da me esposta:
    1 - il Commissario Molinari ha in mano 2 fogli e tenta di nascondere quello sotto ( vedi video )
    2 - il biglietto ritrovato, visto al microscopio ha rilevato la presenza di due calchi di parola ( gioco e già ) indice che il biglietto presenta delle pagine precedenti NON AGLI ATTI ( e me lo chiami incastro da poco con il punto 1 ) ??;
    3 - la perizia del Dott.Delfino sostiene la presenza di pagine precedenti a quel biglietto ( incastro con i punti 1 e 2 e si ha un triplo incastro degli elementi );
    4 - la firma sul biglietto è falsa almeno fino a quando NON NE VERRA' MOSTRATA UN'ALTRA UGUALE DEL CANTAUTORE presente in un qualsiasi suo documento o lettera.
    5 - il biglietto non è stato rinvenuto dalla polizia nella stanza 219 ma arriva nelle mani delle autorità da "terze mani" quindi non può esser considerato autentico al di là di ogni ragionevole dubbio.

    Bisogna smontare questi 5 forti elementi riguardanti il biglietto e non limitarsi a dare un' "opinione" perchè AI 5 FORTI ELEMENTI CHE SMONTANO IL BIGLIETTO, bisogna contrapporre ALTRETTANTI ELEMENTI TECNICI ( NON SENTIMENTALI ) che li rendino nulli.

    Io come vedi, ho analizzato il biglietto di addio NON BASANDOMI SU DELLE IDEE ma portandoti degli ELEMENTI che HAI VISTO E TOCCATO CON MANO, mettendo SU QUESTO TAVOLO delle PERIZIE, dei CONFRONTI GRAFICI e quant'altro.
    Se ti va di ribattere, sei il benvenuto qua dentro, non fare caso a quel che è successo in passato....perchè tutto si trasforma, tutto si rinnova.
    Ho avuto un attimo di "esitazione" nei tuoi confronti ma solo perchè TI CONSIDERO molto preparato su Tenco e vorrei essere contraddetto CON LE STESSE ARMI ( PROVE TECNICHE, SCIENTIFICHE E FOTOGRAFICHE ) tralasciando le sensazioni e quanto si è APPRESO DAI LIBRI ...perchè SUI LIBRI la verità su Tenco non è stata ancora scritta.

    Edited by LaVerdeIsola - 1/2/2011, 00:35
     
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    Analisi di Simona Bellone ( provenienza Facebook ):

    Si, la firma nel biglietto, non e' assolutamente la sua ! Anche se tremante per ubriachezza o farmaci, la firma si modifica, ma non cambia il modo di scrivere e girare il polso per redigere le lettere: la prima firma e' piana nella sua stesura con razionalità, mentre la seconda tende verso l'alto ...con allegria; la L e' fatta all'incontrario come uno scarabocchio nella seconda firma come se composta da una persona che aveva fretta di agire per scappare, mentre per chi si toglie la vita, un attimo in più o in meno non fa la differenza; la g ha l'occhiello inferiore allungato nella seconda firma; la i finale tende verso l'alto la finale nella firma di destra; la u da aperta scolastica in discesa diventa aperta in basso come punte e tende verso l'alto nella seconda firma. E poi, chi tende a suicidarsi non ha la scrittura allegra che tende verso l'alto nelle finali delle vocali e nella stesura totale, ma bensì verso il basso come il suo carattere depresso, buio, calante di stimoli di vita, emozioni che portano a commettere il suicidio. La seconda firma e' di una persona sana di cervello, ma anche spensierata, forse di una donna, mentre la prima firma e' di una persona razionale e di polso e pensiero deciso, naturalmente dell'uomo Luigi Tenco, prima del Festival di Sanremo 1967 e di tale omicidio di cui fu vittima ingrata. Simona Bellone
     
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  4. adelenausica
     
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    Confermo tutto quanto detto da Giuseppe ( laverdeisola ) in piu aggiungo che l'analisi di mrVecchiofan è una pura analisi ideologica e basata solo su aspetti psicologici che ben si prestano ad interpretazioni personali, di contro l'analisi di Giuseppe si basa sia su aspetti psicologici ma anche e soprattutto su Fatti che non si prestano ad alcuna interpretazione in quanto appunto fatti.
    Dato che in un indagine sono quest'ultimi che fanno la differenza ritengo che il così detto biglietto d'addio sia giuridicamente nullo per avvalorare la tesi del suicidio e a fronte delle prove di manomissione e decurtazione volontaria del foglio sia una prova di reato cioè quello di Inquinamento delle prove.
    Non si spiega allora perchè questo biglietto non sia stato rinvenuto nella stanza, non sia presente nel rapporto della scientifica , e sia arrivato per mano di terzi nelle mani del commissario Molinari che tanto per essere chiaro non ha fatto neanche fare la perizia grafica accettando sulla parola l'autenticità ( per un commissario di polizia questo sarebbe un gravissimo errore tale da giustificare un abbassamento di grado)
     
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    Esatto Adelenausica.
    Se qualcuno trova IL BIGLIETTO D'ADDIO sul referto della scientifica redatto dalla polizia di allora, sono pronto ad urlare a tutto il mondo IL SUICIDIO DI LUIGI TENCO.

    IL REFERTO DELLA SCIENTIFICA: https://luigitenco60s.forumfree.it/?t=52245042

    Il biglietto non viene menzionato e volete sapere perchè ???
    Perchè il biglietto non c'era, è arrivato dopo, proviene da fuori NON E' DUNQUE ATTENDIBILE!
    Per quel che mi riguarda...e GIURIDICAMENTE PARLANDO ( FA FEDE IL REFERTO ), .....NON E 'STATO TROVATO ALCUN BIGLIETTO IN QUELLA STANZA!!

    Io so di un biglietto fuoriuscito dalla camera 104 che da Dalida è passato nelle mani di Sergio Modugno.
    Dalle mani di Sergio Modugno è passato nelle mani di Piero Vivarelli.
    Dalle mani di Piero Vivarelli è passato nelle mani del commissario Molinari.

    Morale: quel biglietto non è stato rinvenuto dalla polizia NELLA SCENA DEL CRIMINE, e ora...come la mettiamo?? Cosa dice il CODICE PENALE IN MERITO? E' valido quel biglietto??? E' valida quella firma "anonima" di cui non esiste brutta copia in tutti i documenti ufficiali e privati del cantautore??

    A che serve fare l'analisi psicologica del cadavere quando CODICE PENALE alla mano, ci troviamo di fronte ad un grande e scandaloso reato che di fatto scagiona LUIGI TENCO da qualsivoglia gesto??

    Edited by LaVerdeIsola - 31/1/2011, 23:31
     
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4 replies since 31/1/2011, 01:14   10747 views
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