Tenco parlò a Dylan: «Inserire in un sound moderno le melodie italiane»

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    Tenco parlò a Dylan: «Inserire in un sound moderno le melodie italiane»
    di Giorgio Carozzi
    fonte notizia: http://www.ilsecoloxix.it/p/cultura/2017/0...e_melodie.shtml


    Genova - Nella notte tra il 26 e il 27 gennaio 1967, Luigi Tenco muore misteriosamente a Sanremo durante la diciassettesima edizione del Festival. Ufficialmente è suicidio. Cinquant’anni dopo, Tenco non smette di sorprendere con la sua unicità artistica e la valenza culturale.

    Tenco canta ancora lo smarrimento di chi non sa bene quale sia il suo posto nel mondo. Canta l’amore e il disincanto, l’anticonformismo indignato che non accetta le regole del gioco, la ribellione e la ricerca propositiva di una società più giusta e vivibile. Affonda le mani nelle inquietudini e nelle anomalie sociali, rovescia il concetto di amore, costruisce categorie dello spirito. Jazz, rock, pop e pure grunge, di cui Tenco è inconsapevole precursore. Non è leggenda, non è mito: il successo del cantautore ricaldonese-genovese si perpetua perché alimentato da consapevolezza e condivisione di un talento immenso, dalla genesi di un’identità comune.

    Luigi Tenco è l’antitesi della mediocrità e dell’omologazione che oggi impongono ritmi e rapporti. Così come lo sono gli amici con cui cresce e raggiunge la maturità artistica: Gianfranco e Giampiero Reverberi, Paoli e De André, Piero Ciampi, Lauzi e Michele Maisano. L’obiettivo di quegli anni a cavallo tra i Cinquanta e i Sessanta è rivoluzionare attraverso la musica e le parole un sistema fondato sul ricorso sistematico a ipocrisie, menzogne e manipolazioni.


    Non è casuale che tra i segni del suo passaggio, nella Torre di Recco in cui viveva e nel Museo che Ricaldone gli ha dedicato, sono impresse le tracce di Gershwin e Jelly Roll Morton, di Charlie Parker e Lee Konitz, di Paul Desmond e Nat King Cole. Di Bob Dylan e Leonard Cohen. E poi Sbarbaro, Caproni, Pavese, Montale, Steinbeck, Caldwell, Faulkner, Hemingway, Dos Passos, Salinger, Ginsberg, Miller, London, Kipling, Conrad, Sartre, Camus, Joyce, Huxley. Nei cassetti una mole impressionante di testi, molti ancora inediti, altri che si trasformeranno in solida base per la produzione successiva di De André e dei News Trolls. Tenco ha un progetto, ne parla con Dylan.

    «Bisogna creare qualcosa, rompere il cerchio che ci soffoca, altrimenti è meglio piantare tutto. Quando un Paese riesce a esprimere in chiave moderna una sua musica tipica, per un certo periodo di tempo il mondo intero impazzisce. In Italia, purtroppo, il grosso sbaglio è guardare al mercato mondiale e imitarlo. Bisognerebbe prendere melodie tipiche italiane e inserirle in un sound moderno, come per il rhythm and blues o come i Beatles che hanno dato un suono contemporaneo alle marcette scozzesi…».

    Di talento, Luigi Tenco ne possiede a dismisura. Come musicista, strumentista, compositore, scrittore di parole e poesie, cantante delle sue stesse opere. Non lo fa pesare. È un perfezionista meticoloso fino all’eccesso ma non è prigioniero del ruolo, della maschera, delle banalità. Chissà, forse sarebbe volato a Los Angeles a ritirare l’Oscar insieme al suo amico Ennio Morricone. Li fa incontrare Luciano Salce, reduce dal grande e inaspettato successo del suo primo film, “Il federale”. Per quello nuovo, “La cuccagna”, gli serve un protagonista diverso, inedito, anticonformista, ribelle, fuori dagli schemi, bello e affascinante. Di talento, insomma. E che sappia anche cantare.

    A Morricone e a Tenco il regista chiede due canzoni e una colonna sonora che rispecchino il senso del film, che lascino il segno. Racconta Morricone che l’intesa artistica con Tenco è perfetta. Quel film e quella musica anticipano di oltre cinquant’anni il ritratto amarissimo che Sorrentino farà di Roma con “La grande bellezza”. La differenza sostanziale è che Tenco, Morricone e Salce quello stesso affresco l’avevano cucito su misura per l’Italia intera.

    Tenco e la politica, cioè l’intellettuale collettivo di Gramsci, quello che si fa popolo, che si fa città e cittadinanza nella vita di ogni giorno: “La gente si mette in marcia quando sente che la sua azione può portare il cambiamento, quando ha una speranza”. Tenco e Genova, “bellissima e indifferente, come una diva morta”. Tenco e il successo: lo interpretano all’infinito in Italia (ultima Gianna Nannini) e nel mondo (Ivan Lins. e Gilberto Gil), lo citano ripetutamente nei film. Tenco e le donne: una storia di geniali contraddizioni tra amori a raffica, passioni intense, amanti (Dalida) e fidanzate segrete (come la Valeria svelata proprio dal Secolo XIX ). Tenco celebrato con un francobollo commemorativo emesso proprio oggi da Poste Italiane. Un omaggio a chi andava oltre l’io e usava molto il noi. Che lucidamente ha messo in musica il disagio, i dubbi, le inquietudini, l’antiautoritarismo. Dolce e amaro, schivo ma assetato di popolarità, era in anticipo sui tempi. C’erano tutti gli ingredienti perché il suo primo festival fosse anche l’ultimo. Meno male che il mondo non premia solo i vincitori.

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