| TG TENCO - 14 Novembre 2006: "E' stato un Tenco diverso dagli altri, ora lo possiamo dire". Le parole del direttivo del Club, a Sanremo, sottolineano la novità di una manifestazione di passaggio, forse, ma che ha tentato con discreto coraggio di rinnovare le strutture "teoriche" della più importante rassegna cantautorale italiana.
Ospiti
Dal 9 all'11 novembre, alla XXI Rassegna della canzone d'autore, si sono avvicendati artisti in qualche modo nuovi, per il palcoscenico del Premio: da Bugo a Simone Cristicchi (Targa Tenco per l'esordio), da Maler a Maurizio Ponziani, l'apertura della manifestazione ai giovani ci è sembrata evidente. Un'apertura ripagata in maniera discontinua, d'accordo: se la carica sghemba e simpatica di Bugo ha affascinato l'Ariston, a partire dalla rilettura anti-dialettale di O' Frigideiro di Lauzi, Maurizio Ponziani ha decisamente deluso e Maler (Premio autore SIAE) non ha mostrato la stessa classe che ha su disco.
Un po' spaesato dall'assenza di Vecchioni (per la prima volta), Guccini e di altri nomi storici, anche se rassicurato dalla presenza di Gino Paoli (che lo ha ringraziato con un'ottima performance, il primo giorno), il pubblico ha applaudito qua e là con meno convinzione. Del resto, non sono mancati Samuele Bersani, Magoni e Spinetti (Targa per il miglior disco di canzoni non proprie), i rinnovati Quintorigo, Patrizia Laquidara o Morgan, a ribadire i legami con il passato recente. L'impressione, alla fine, è stata di una rassegna ibrida, di passaggio, a cui pure il lavoro del tappabuchi, fra una esibizione e l'altra, ha contribuito in maniera atipica, con gli interventi più teatrali che cabarettistici dell'attore Rocco Papaleo.
Una rassegna i cui momenti smaglianti sono stati la grande carica interpretativa di Lucilla Galleani, vera depositaria di una tradizione popolare forte, praticamente incorrotta, la cover di Al pranzo di gala di Babbo Natale di un indiavolato Caparezza, lo show catartico di Vinicio Capossela (Targa Tenco per il miglior disco), capace di trascinare e suggestionare un'intera platea con una voce roca e con trame musicali tutt'altro che facili e aperte, trasfigurazione traversale e magnetica del folk di ogni tempo e luogo. I momenti inquietanti sono invece culminati nella comparsa del Premio Tenco dell'anno, il rocker Willy DeVille, responsabile di un piccolo show semiacustico, condotto con una sufficienza imperdonabile, e di un contegno gelido nei confronti dei giornalisti nella conferenza stampa a lui dedicata.
In realtà tutto è filato abbastanza liscio e il senso di quieta rivoluzione che la manifestazione voleva dare c'è stato. Più, che altro, stretti fra il bellissimo duetto di Bersani e Pacifico su Le mie parole, di quest'ultimo, e la toccante apparizione di Noa (Targa come Operatore Culturale assieme a Gianfranco Riverberi), ci si è chiesti se il futuro della Rassegna della canzone d'autore sarà sempre più focalizzato sul suo incrocio con qualcos'altro. Una domanda a cui solo il tempo può dare una risposta.
Incontri
A fronte del travaglio legato agli show, gli incontri pomeridiani con il pubblico non sono forse mai stati così vitali. Il centro è stato il ricordo di Bruno Lauzi, a cui il Tenco ha dedicato la sua trentunesima edizione, spazzando via ogni polemica passata. Mentre la sera ogni artista si cimentava con una sua canzone, nel Roof dell'Ariston venivano presentati il suo ultimo libro, Tanto domani mi sveglio, e il suo ultimo disco, Ciocco Latino, in compagnia degli amici e del figlio Maurizio. Momenti vitali, insomma, dove si è parlato di musica e di letteratura per tre giorni e con passione: occasioni per accennare a Festival in lavorazione, al Meeting delle Etichette Indipendenti, a volumi interessanti come il Dizionario completo della canzone italiana di Enrico Deregibus, o Vedi alla voce Radio Popolare, a cura di Sergio Ferrentino, e per presentare il film di Agostino Ferrente, L'Orchestra di Piazza Vittorio, che è sicuramente fra i casi cinematografici dell'anno.
Dopofestival
Come sempre, alla fine delle esibizioni ufficiali ha preso corpo la cena con musicisti, stampa e benemeriti. Un'occasione per risentire gli artisti, senza i vincoli delle scalette, improvvisare a ruota libera. Quest'anno le performance sono state funestate, la prima sera, dalla mancanza delle chitarre, e la seconda da un clima un po' svogliato. C'è voluto il gran finale per assistere a una parata in "bicicletta" degli organizzatori, accompagnata da canti collettivi, al confine con la goliardia, e a un divertissement del grande pianista Stefano Bollani, marito di Petra Magoni, imitatore a ruota libera di Paolo Conte, Moretti e tanti altri. Vinicio Capossela si è limitato a sorridere e a battere le mani. Un dopofestival un po' dimesso, quindi, altra spia di un cambiamento che certamente non è indolore.
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